TECNICA
L' ARMONICA A BOCCA
In principio fu l’armonica a bocca. Avevo tre anni, e ascoltavo rapito un vicino di casa che la suonava tutto il giorno. Quando venne la festa di Santa Lucia, i miei genitori si trovarono così con la mia richiesta di avere in regalo, anzitutto, …un’armonica uguale a quella del vicino! E quando fra i doni ho visto quello strumento, il resto è passato in secondo piano. E’ stato l’unico regalo cui ho prestato attenzione, mettendomi subito a suonare. Che fortuna. Capire così presto quanto sia meraviglioso poter comunicare con chiunque parlando il linguaggio universale della musica, e avere l’opportunità di assecondare le mie predisposizioni sin da piccolo. Perché la musica fa anche questo, e oggi da genitore lo so bene: i bambini che la incontrano sviluppano meglio le proprie attitudini. Potrei dire che in quel lontano giorno di Santa Lucia la mia vita ha iniziato a dirigersi sulla strada giusta.
LA FISARMONICA
Suonavo tutto il giorno, sollecitando di continuo i miei a mandarmi a scuola per imparare la musica sul serio. Mamma e papà, peraltro, avevano già capito che avrebbe davvero potuto essere quella, la mia strada. La domanda che si posero, però, fu: con quale strumento lo mandiamo a scuola? E la risposta non poteva essere quella classica di oggi, la chitarra, perché il boom della chitarra è legato all’era dei Beatles. Allora lo strumento più accessibile era la fisarmonica, così venni portato da mamma alla prima lezione di fisarmonica: che fu una sorta di test per vedere se valeva la pena di farmi studiare, ma anche per capire se davvero aveva senso investire in una fisarmonica. Che per i miei, allora, sarebbe costata una cifra enorme. Andammo dal Maestro Ravasio, un grande insegnante. Quando lei venne a prendermi dopo un’ora Ravasio disse: “Guardi, il bambino ha imparato la scala di Do e la sa già pure solfeggiare. E’ chiaro che ha predisposizione e passione per imparare la musica”. E allora, con grande sacrificio, i miei genitori mi comprarono la fisarmonica. Una Stradella nera, più grande di me, con centoventi bassi. Era una fisarmonica cromatica, ovvero a bottoni, non a tasti: e quindi con una diteggiatura diversa, meno facile da imparare. Però Ravasio mi disse subito che se apprendevo quella tecnica, mi avrebbe facilitato anche nell’esecuzione di brani complessi. E ricordo che dissi a mia madre che avrei ricompensato il loro sacrificio economico. Iniziai subito a farlo: dopo un anno ero già nel complesso Primavera, più di trenta fisarmoniche suonate da bambini dai 6 ai 12 anni, che vinceva premi internazionali a go-go. Oggi la mia Stradella ce l’ha un amico sacerdote: mia mamma gliela donò qualche anno fa.
IL MIO PRIMO PIANOFORTE
Lo so cosa vi chiedete: e il primo pianoforte? Arrivò in casa che avevo nove anni, un altro investimento notevole per le possibilità della mia famiglia. Capitò che un imprenditore edile aveva acquistato una casa del Settecento e dentro c’era un piano verticale: sapendo che io suonavo chiese a papà se poteva interessarci. Interessava, ovviamente. Su quei tasti sono nate Piccola Katy, In silenzio, Tanta voglia di lei, Pensiero e in generale tutti i brani di Per quelli come noi, Memorie, Opera prima. Col tempo ho imparato a considerarlo un patrimonio della famiglia Facchinetti, lo regalai a mamma e papà e dopo la loro scomparsa l’ho fatto restaurare completamente da Giancarlo Daminelli, uno dei pochi superstiti dell’artigianato del restauro degli strumenti.
HOHNER, COMPACT FARFISA E VOX
Nel frattempo, però, avevo iniziato a suonare nei gruppi. E dopo un paio d’anni, quand’ero con I Monelli, venne il tempo di puntare a una tastiera elettronica. O meglio, a un’ipotesi di tastiera elettronica. La scelta cadde su una Hohner, che poi scoprii essere lo stesso strumento usato dai Them per Gloria, un brano di successo mondiale. E quello strumento in Italia era suonato da… Roby Facchinetti da Bergamo! Poi furono i Pooh. E l’eredità che mi lasciò Bob Gillott quando entrai, nel marzo del 1966, nel gruppo, fu una Compact Farfisa doppia tastiera, che durò circa un anno. Poi passai alla Vox, che aveva bianchi i tasti neri e neri i tasti bianchi: ma all’epoca si usava così, oltreoceano… Non adoperavo però queste tastiere per comporre le canzoni, che come vi ho raccontato nascevano (e sono sempre nate) al pianoforte; le usavo dal vivo: con tutti i loro problemi, per esempio i contatti dei tasti che si rompevano facilmente…
HAMMOND L-122, HAMMOND C3
Però a un certo punto sorse un nuovo problema. La colpa fu di Renzo Arbore, che alla radio, in Per voi giovani, presentò A whiter shade of pale dei Procol Harum dicendo “Questo brano è straordinario, innovativo, unico”. E poi sentii quel suono… Era l’organo Hammond che passava dall’amplificatore Leslie: i suoi coni che giravano davano al suono un colore unico. Tre mesi dopo, da Stanzani e Tomassone, liutai di Bologna, Facchinetti Camillo acquistava un Hammond L-122 con il Leslie. Non c’era gruppo che non avesse l’Hammond col Leslie, anzi se non l’avevi non eri proprio un gruppo. Con quello strumento i Pooh seguirono l’evolversi dei suoni del mondo: fino al 1972, quando con i soldi dei primi successi potei permettermi una versione più evoluta dello strumento, sempre con il Leslie, l’Hammond C3. Che divenne l’incubo dei tecnici: era pesantissimo. E noi, all’epoca, suonavamo in discoteche, scantinati, localini in cima a rampe di scale… Però era il top, ed è uno strumento tanto rappresentativo che un paio d’anni fa l’ho fatto restaurare e lo custodisco, gelosamente, a casa. Fortunatamente non l’ho mai venduto, anche se all’epoca, per restare al passo con i tempi, quando si acquistava qualcosa di nuovo si tendeva a dare indietro il vecchio. Ma l’Hammond no! Il rimpianto, semmai, è un altro: che vi racconto dopo.
MINIMOOG
Sempre nel 1972, mentre si incideva Alessandra, facemmo un viaggio a Londra. La Cbs ci voleva conoscere, stante il nostro successo anche nei paesi di lingua spagnola. Erano i mesi in cui Emerson Lake & Palmer lanciavano nel mondo il suono del Minimoog, il padre di tutti i sintetizzatori, e figurarsi se non tentavo di prenderne uno. Ricordo che con Riccardo, Dodi, Stefano e Lucariello riuscimmo a strappare ai capintesta della Cbs l’indirizzo dell’ingegner Moog, che stava proprio a Londra. In una viuzza, dentro uno scantinato: un laboratorio minuscolo con più macchinari che aria da respirare. Moog, quando arrivammo, aveva appena finito di assemblare uno dei suoi strumenti: e ce lo vendette, anche perché se non l’avesse fatto gliel’avremmo strappato dalle mani… Il giorno dopo, a Milano, col Minimoog suonavo l’intro di Noi due nel mondo e nell’anima, e quel suono ha caratterizzato tanti pezzi, come anche Mio padre, una sera e lo strumentale di Parsifal, nonché un’epoca. Il Minimoog era indispensabile, per il rock sinfonico. Certo dal vivo faceva ammattire, perché gli oscillatori non erano facili da tenere stabilizzati, con la qualità della corrente elettrica dell’Italia di allora. Ogni volta che ci si metteva le mani bisognava pregare: sarà ancora accordato? Ma ne valeva la pena: la tecnologia ha dato molto, alla musica, qualche rischio bisognava pur correrlo.
SCHIMMEL, PETROV
Nel frattempo, comunque, rinnovavo anche il parco pianoforti. Il primo a coda che ebbi fu uno Schimmel, che acquistai con i soldi di Pensiero e Tanta voglia di lei. Su esso nacquero molte cose dei dischi del periodo sinfonico dei Pooh, Alessandra stessa, Parsifal, Un po’ del nostro tempo migliore. Sullo Schimmel e su un Petrov, sempre a coda, che acquistai usato a Pordenone. E devo dire che sono più legato al Petrov, in verità, lo considero il secondo pianoforte acustico importante della mia vita: dopo quello verticale. Il Petrov ha visto nascere Parsifal, proprio il brano, e molti altri pezzi di successo. Tanto che poi l’ho regalato a mia figlia Alessandra.
PIANOFORTE DA VIAGGIO
Perché, come i Poohlovers sanno bene, la prima produzione con i Pooh è legata al pianoforte: decisivo anche nell’incisione dei dischi. E c’era dunque la necessità di avere un pianoforte anche dal vivo, ad affiancare Hammond e tastiere. A Roma, da Cherubini, ne trovai uno che mi dissero perfetto per i concerti. Era color legno, oggi l’ho riverniciato di nero e così ho coperto la marca… Però so la sua data di nascita: 24 novembre 1971. Ci ho fatto centinaia di concerti, accordandolo una volta alla settimana, ed è caduto da palchi e camion (anche se l’ho saputo dopo…): però suona ancora, altri sarebbero inascoltabili. Questo no, è nel mio ufficio a Milano ed è forse il piano che amo di più.
POLYMOOG
OBERHEIM
...Uno dei miei rimpianti è legato all’Oberheim. L’ho venduto e non so che fine abbia fatto. Se chi lo possiede oggi legge queste righe, sappia che mi piacerebbe recuperarlo. Fatti vivo, amico musicista che hai il mio Oberheim!
MELLOTRON
TASTIERA KORG
Poi vennero gli anni dei concerti negli stadi e nei palasport. E non ci fu solo la mia voglia artistica di crescere: era anche un’esigenza scenica, avere un set tastieristico importante. Che vedete nelle foto del tour in cui incidemmo Palasport, e che divenne simbolo del mio modo di suonare e della musica live dei Pooh. Sul palco attorno a me avevo Mellotron, Oberheim modulare, Polimoog, Yamaha CP-70, un pianoforte Fender Rhodes e la tastiera Korg, che aveva un suono specifico, molto caratterizzante: si ascolta in Viva o Ci penserò domani. Infine nel set degli stadi c’era anche un enorme mixer apposta per gli strumenti miei. Perché oggi certi effetti si ottengono con due tastiere, allora non era possibile: però che anni… Nuovi suoni e la gioia di vedere l’emozione di un pubblico sorpreso, quasi stordito, da quel che ascoltava.
FAIRLIGHT
In Italia fui il primo anche a comprare ed usare il Fairlight. C’era, a cavallo fra i ’70 e gli ’80, una grande attenzione a qualsiasi evoluzione sonora: potrei dirvi che strumenti nuovi capaci di lasciare un segno nascevano ogni mese. A un certo punto, nei primi anni Ottanta, arrivò il Fairlight, che presi in Australia e che per la prima volta permetteva di campionare elettronicamente i suoni su un computer. Era uno strumento da sala d’incisione, ma noi ovviamente lo usavamo anche in tour: per tre anni, i nostri tecnici dovettero confrontarsi con i problemi di condensa, umidità… E con il fatto che a volte, essendo legato a un computer ma di quelli di allora, andava in palla. Allora bisognava spegnere e riaccendere: e nel frattempo? Far finta di niente e suonare il pianoforte… Anche se il Fairlight caratterizzò molti pezzi, che poi potevo programmare in ordine di scaletta, ognuno col suo suono, per i tour: Cosa dici di me con i suoni Arr1 e Arr2, il pizzicato di Mezzanotte per te, la marimba di Tropico del Nord… Oggi, se i computer legati alle tastiere saltano, c’è un muletto: un altro computer programmato in modo identico già in linea, pronto a subentrare a quello che salta. Perdi al massimo due misure del brano. Ma sarà capitato due volte, non di più, che sia servito.
Yamaha DX-1
A fine anni Ottanta arrivò un altro strumento che permetteva di avere tanti suoni particolari in una sola tastiera: era la Yamaha DX-1, l’ho usata nell’album Uomini soli e ce l’ho tuttora. Anch’essa dava l’opportunità di proporre quattro suoni contemporaneamente, fra l’altro. In Italia l’avevano solo i Pooh… e la Rai!
LE TASTIERE MASTER
Oggi molto è cambiato, dagli inizi. Ora, voi prendete un computer ed inseritevi tutti i suoni campionati che volete. Tutti. Poi prendete una Tastiera Master. Ecco, quella vi permetterà di richiamarli, comandarli, suonarli. Io ho iniziato a usare Master Roland ed Emu System, tutto programmato fra le quinte dal mio programmatore, che inserisce brano per brano i suoni necessari e me li rimanda sul palco. Dove posso avere tranquillità assoluta e strumentazione essenziale. Con le Master si fanno anche i dischi, perché riproducono pure orchestre sinfoniche e la batteria…. Senza contare decine e decine di pianoforti diversi, o i suoni di tutte le tastiere che ho avuto nella mia carriera.
MINIMOOG VOYAGER
Per il tour di Opera Seconda però ho voluto tornare anche a suoni vintage, ed ho usato il Minimoog Voyager, lo strumento che ha risolto il problema degli sbalzi di corrente dell’originario Minimoog. E quei problemi erano un incubo per chiunque, mi ricordo che una volta andai a vedere gli Yes e mi consolai: pure loro suonarono col Minimoog leggermente stonato! Ma dove stiamo andando, oggi, con i suoni della musica? A volte me lo chiedo. E non saprei rispondere. Più di così non credo sia possibile inventarsi. E se il futuro fosse nel passato? Nel pianoforte acustico vero, che tocchi, che vedi, nelle tastiere vintage che oltre un suono hanno anche un’immagine, una personalità, ti rimandano ad epoche, autori, idee da non dimenticare? Sapete, quando si ha da scegliere fra mille cose non si ottiene mai il massimo davvero. Si perde il valore della ricerca. E si dà meno peso alla responsabilità di darsi un carattere sonoro, nel mio caso di musicista. A me piace la tecnologia, ovvio: non mi ci sono avvicinato per esigenze diverse dalla voglia di imparare, capire, progredire. Però la tecnologia non deve prevaricare l’uomo, né fargli dimenticare anima e sensibilità, unici ingredienti necessari per comporre musica vera. La musica è emozione, la tecnologia deve restare un’opportunità in più per raggiungerla. Quando oggi mi siedo a un pianoforte, suono e canto, la mia emozione infatti è forte come con quell’armonica di quando avevo tre anni. E infatti in ogni casa ho sempre un pianoforte, certi brani di successo, come Il cielo è blu sopra le nuvole o molti pezzi di Un posto felice, li ho composti al piano, in giorni di tranquillità, vicino a me stesso. Il futuro forse è la semplicità: e potrebbe valere per ognuno di noi, questa riflessione. Senz’altro, la musica non ha bisogno di orpelli, quando la vivi e la ami, quando nasce dal cuore, dall’ispirazione, dal lavoro. E del resto le emozioni che proviamo non hanno mai avuto bisogno di campionamenti…
TECNICA STRUMENTAZIONE PRIVATA + STUDIO:
Yamaha CP-1 – Yamaha Montage – Moog Voyager Electric Blue – Mellotron MD4000 – Dave Smith Prophet 12 – Roland JD-XA – Yamaha TG77 – Roland XV3080 – Korg Triton Rack – E_MU 4 – CP-70 / CP-80 – Mellotron – Eminent – Polymoog – Linn Drums – Pedaliera Moog Taurus – Korg Polyphonic Ensemble 5 – Korg Lambda ES50 – Hammond B-3 + Leslìe 122 – Yamaha DX-1 – Piano Steinway Modi John Lennon “Imagine” Series –